sabato 7 aprile 2012

Rischio idrogeologico


Il rischio idrogeologico.
Un pericolo sempre più presente
La sostenibilità di un territorio è la resistenza che lo stesso esercita subendo tutte le attività che lo attraversano. I francesi utilizzano il termine durabilità, cioè la capacità di durare e di porre ostacoli.
A che cosa? Alle azioni negative causate dall’uomo quali, l’edificazione priva di ragione di edifici residenziali, la non osservanza di vincoli e divieti, l’assenza di prevenzione e di messa in sicurezza. Altro problema, ma connesso con l’uso irresponsabile del suolo, è il dilavamento prodotto dalle piogge intense divenute,ormai, un’inattesa normalità.
L’abbandono dei territori, di chi ne aveva cura perché li abitava e lavorava, amplia la necessità di considerare il costo dei danni ambientali che colpiranno quei luoghi. Le montagne e le colline sono soggette a frane e i fiumi esondano nei terreni una volta golenali. I nostri vecchi erano capaci di avvertire i segnali della natura. Ricordavano i pericoli dovuti agli smottamenti e conoscevano le regole per evitarli. Negli ultimi venti anni sono stati erogati 20 miliardi di euro per i danni dovuti alle diverse calamità che hanno interessato l’Italia, di cui 650 milioni di euro nell’anno 2010.
Si può fare qualcosa per ridurre l’impatto di questi disastri? E’ stato conteggiato che il recupero dei territori italiani richiederebbe un importo di 41 miliardi di euro. Per centrare questo virtuoso obiettivo sarebbe opportuno destinare le risorse (= i soldi previsti) per le grandi opere ad una totale, unica opera di messa in sicurezza, utilizzando gli stress test territoriali che forniscono la giusta valutazione delle conseguenze e dei danni, provocati da un’intensa pioggia, su un determinato terreno.
E’ ormai certo che non possiamo consumare più altro suolo fertile e a vocazione agricola, nè costruire ovunque senza ipotizzare le inevitabili ricadute che degraderanno i fragili e indifesi territori dei Comuni giudicati a rischio idrogeologico. Questi sono stati individuati nel dossier “Ecosistema rischio 2010”, monitoraggio sulle attività delle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico, di Legambiente e del Dipartimento della Protezione
Civile, in 6.633 Comuni, l’82% del totale delle amministrazioni comunali italiane. Il governo del territorio, come tutti sanno, spetta al sindaco che lo esercita, con la collaborazione degli uffici tecnici comunali, attraverso la pianificazione territoriale dei Piani urbanistici, Piani regolatori e
relative Varianti. I sindaci italiani, anche quello di Trevignano, dovrebbero porsi la domanda: i nostri territori, dopo gli ultimi danni a cose e persone, sono ancora in grado di assorbire il carico di azioni che li coinvolgono e le ulteriori avversità? Accusare, nel futuro, la natura e chiedere lo stato di calamità naturale servirebbe soltanto a nascondere le loro responsabilità umane e politiche.


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