sabato 19 novembre 2011

Quando esistevano i fossi

C’erano una volta i fossi.
Erano trenta intorno al lago di Bracciano. Raccoglievano le precipitazioni meteoriche del bacino lacuale e le conferivano al lago. Ora quelli rimasti si contano sulle dita di una mano. La speculazione edilizia, versione moderna dell’egoismo umano, ha stravolto questa raccolta includendoli con le relative sponde in lottizzazioni con le case contigue al percorso dei fossi.
Al peccato originale di inviare parte dell’acqua piovana nel Cobis, l’anello di raccolta delle acque reflue che circonda il lago di Bracciano, si sono aggiunte altre scelte dannose. Anzi tutto la riappropriazione delle aree di esondazione dei fossi e il successivo imbrigliamento in spazi angusti (in tubi o tra muri in cemento armato) che velocizzano la discesa a valle dell’acqua.

Non meravigliamoci dunque che aumenti il pericolo che cantine e garage interrati siano invasi e che l’acqua, insalutata ospite, entri anche nel soggiorno al piano terra. Incauto acquisto? Forse, ma non si può pretendere che gli acquirenti di una casa abbiano conoscenze e consapevolezza di questi rischi e pericoli. La responsabilità è piuttosto attribuibile a politici e tecnici che con le loro azioni hanno determinato che alle esigenze dei suoli e territori, non fosse riconosciuta l’attenzione necessaria, che vuole dire tutela e salvaguardia.
La normale pioggia autunnale mette in crisi la viabilità del paese e crea disagi a quelle famiglie “ree” di aver comprato una proprietà immobiliare in luoghi non idonei. Ora è indispensabile mettere mano a queste disgrazie annunciate con un
restauro dell’ambiente che consideri il territorio un bene comune e riduca, con interventi mirati, il rischio di una catastrofe ambientale.

Piccole opere diffuse in tutti i luoghi “per risanare l’habitat naturale e destinare loro le risorse finanziarie riservate alle grandi” come raccomanda Guido Viale.

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